GIUSTIZIA

Fisco, condannati gli eredi di Craxi: “Conti all’estero erano suoi, non del partito”

Fisco, condannati gli eredi di Craxi: “Conti all’estero erano suoi, non del partito” PROCESSO A CRAXI CON DI PIETRO PROCESSO ENIMONT (Maurizio Maule, - 1993-01-31) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

Il fisco arriva anche dove la giustizia penale arranca o fallisce. Succede negli Usa, ma a volte capita perfino in Italia. La Corte di cassazione ha emesso ieri una sentenza che rischia di costare cara agli eredi di un leader politico indagato da Mani pulite: Bettino Craxi. L’erario italiano da anni pretende oltre 10 miliardi di lire di sanzioni, riguardanti gli avvisi di accertamento per tasse evase degli anni 1992 e 1993, riguardanti conti all’estero. Per anni si sono opposti gli eredi, cioè i figli Stefania e Vittorio, detto Bobo, con loro madre Anna. Ora la Cassazione ha respinto il loro ultimo ricorso e li ha condannati a pagare oltre 20 mila euro di spese legali.

Discussa il 7 luglio e depositata il 12, la sentenza della Cassazione conferma la decisione della Commissione tributaria regionale della Lombardia che nel 2014 “ha minuziosamente elencato gli esiti dei procedimenti penali paralleli (al processo tributario) che punteggiavano il suo percorso argomentativo” e “con dovizia di elementi ha composto un quadro probatorio (in cui spiccano le dichiarazioni rese agli inquirenti da Giorgio Tradati) che conferma la pretesa erariale e pone in rilievo il ruolo cruciale di Craxi, il quale almeno a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta (del secolo scorso) aveva fatto aprire all’estero a suoi prestanome, movimentava e gestiva, tramite terze persone, un conto corrente (il conto International Gold Coast) al quale affluivano i denari che qualche persona doveva far arrivare all’onorevole Craxi”.

È rimasto “privo di riscontro l’assunto difensivo” della famiglia, secondo cui Craxi “avrebbe retrocesso le somme al partito”. La Cassazione, sulla scorta di quanto accertato dall’Agenzia delle Entrate e dai giudici tributari lombardi che hanno esaminato il caso per due volte, ribadisce che quel conto svizzero era “materialmente riconducibile al Craxi e non al partito”. Dei soldi versati sul conto estero “aveva la disponibilità esclusiva, come si confà al proprietario”. Negata “in radice” l’eventualità del “possesso” o del “compossesso” del denaro da parte del partito politico.

La storia di quei soldi inizia negli anni Ottanta. Giorgio Tradati, amico d’infanzia di Craxi, ha raccontato: “Bettino mi pregò di aprirgli un conto in Svizzera. Io lo feci, alla Sbs di Chiasso, intestandolo a una società panamense (Constellation Financière). Funzionava così: la prova della proprietà consisteva in una azione al portatore, che consegnai a Bettino. Io restavo il procuratore del conto”. Su quel primo conto iniziano ad arrivare “somme consistenti” che, con gli interessi, nel 1986 ammontano già a 15 miliardi di lire.

A quel punto il deposito si sdoppia: arriva un’altra società panamense (la International Gold Coast, appunto), con conto presso la American Express di Ginevra. Anche in questo caso, l’azione al portatore della società viene consegnata a Craxi, vero proprietario, mentre Tradati continua a fare il procuratore speciale, incaricato di operare per conto di Bettino. A fare da schermo, per rendere difficile risalire al reale proprietario, c’è un conto di transito, il Northern Holding, messo a disposizione da un funzionario dell’American Express, Hugo Cimenti.

Come distinguere i soldi di Cimenti da quelli di Craxi? Lo spiega Tradati al processo Enimont: “Per i nostri soldi”, spiega, “si usava nei versamenti il riferimento Grain. Che vuol dire grano”. L’allarme rosso scatta nel gennaio 1993: Tradati legge sui giornali, nelle cronache di Mani pulite, che i magistrati di Milano hanno chiesto una rogatoria in Svizzera a proposito dei movimenti del conto Northern Holding, con riferimento Grain.

Il cassiere riservato di Craxi entra in fibrillazione. Va dal segretario socialista a chiedere che cosa fare. Craxi gli dice di stare calmo, di ricorrere contro la rogatoria e, soprattutto, di svuotare entrambi i conti a valle del Northern Holding, cioè Constellation Financière e International Gold Coast. Chiede, insomma, di mettere al sicuro i soldi. Tradati, impaurito, rifiuta. E Craxi è costretto a chiedere aiuto a un altro amico, Maurizio Raggio, ex barista di Portofino e fidanzato della contessa Francesca Vacca Agusta, che chiude i conti e fa sparire i soldi all’estero. Ora, 28 anni dopo, alla porta degli eredi bussa il fisco.

Il Fatto quotidiano, 13 luglio 2021
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