AFFARI

Eni, “Armanna calunniò il suo avvocato per bloccare il pm De Pasquale”

Eni, “Armanna calunniò il suo avvocato per bloccare il pm De Pasquale”

di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /

L’accusa è quella di calunnia. E la vicenda, davvero torbida, s’incastra in quella ben più ampia del processo Eni-Nigeria che s’è concluso in primo grado, dopo l’accusa di corruzione internazionale, con l’assoluzione dell’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi e di tutti gli imputati. Incluso Vincenzo Armanna, l’ex funzionario Eni che in questo nuovo fascicolo viene accusato di aver calunniato il suo ex avvocato, Luca Santa Maria, con la complicità di Piero Amara, ex legale esterno dell’Eni, e Massimo Mantovani che, all’epoca dei fatti, era il direttore degli Affari legali del colosso petrolifero.

Mantovani, va precisato, è stato estromesso dall’Eni già da tempo. “Fino a ottobre del 2016”, si legge nell’avviso di conclusione delle indagini firmato dal procuratore aggiunto di Milano Laura Pedio, Mantovani “era il direttore degli Affari legali dell’Eni e fu successivamente delegato dall’ad di Eni (quindi Descalzi, ndr) ai processi milanesi tra i quali Eni-Nigeria e poi i procedimenti delegati a Trani prima e a Siracusa poi, nei quali Eni era parte offesa, confluiti nel procedimento del cosidetto “complotto” Eni, pendente presso la Procura di Milano e all’epoca in fase d’indagine”.

Fermiamoci un attimo. In sostanza, innanzitutto, Mantovani seguiva il processo Eni-Nigeria. In secondo luogo seguiva anche i fascicoli di Siracusa – nei fatti istruiti da Amara corrompendo il pm Giancarlo Longo – su un presunto complotto ai danni di Descalzi, che era invece completamente inventato. Proprio Descalzi aveva delegato a Mantovani il compito di seguire entrambi fascicoli. Ed è proprio in merito all’intreccio tra i fascicoli di Milano e Siracusa che Pedio trae la prima conclusione per il reato che vede indagati Armanna, Amara, Mantovani e altre tre persone.

Armanna si presentò infatti come testimone a Siracusa e il suo avvocato, Luca Santa Maria, decise di non seguirlo su questa strada e rinunciò al mandato quando Armanna gli chiese di far acquisire, nel processo milanese, l’incartamento siciliano.

Armanna il 9 febbraio 2017 inviò a un altro avvocato che lo assisteva, Fabrizio Siggia, una email calunniosa che aveva concordato nel contenuto con Amara. Poi, “apparentemente per errore”, inoltrava la stessa email a Giuseppe Lipera, avvocato di Massimo Gaboardi, uno degli autori del depistaggio attraverso il falso fascicolo di Siracusa, per il quale, da Amara, aveva ottenuto secondo l’accusa 95 mila euro allo scopo di rendere false dichiarazioni.

A quel punto, sempre secondo l’accusa, “Amara d’accordo con Mantovani metteva Lipera in contatto con Federico Grosso, avvocato dell’Eni nel processo per la corruzione internazionale (ora deceduto, ndr). Lipera, a sua volta, il 28 marzo 2017 inviava la email di Armanna all’avvocato Grosso, il quale “di concerto con Mantovani depositava una nota al procuratore di Milano, insieme con il collega Nerio Diodà (non indagato, ndr), allegando anche la email di Armanna.

Infine, Gaboardi il 10 marzo 2017 depositava presso la Procura di Milano un’istanza con la quale ricusava il pm dell’accusa di corruzione internazionale di Eni, Fabio De Pasquale. L’istanza era stata predisposta proprio dall’avvocato Lipera. Ma qual era l’obiettivo di questa catena di eventi?

Scrive Pedio: “Depositavano nelle mani del procuratore della Repubbilica una email dal contenuto calunnioso e incolpavano, consapevoli della sua innocenza, l’avvocato Luca Santa Maria di infedele patrocinio nei confronti di Armanna in relazione al mandato difensivo ricevuto nell’ambito del procedimento Eni-Nigeria, nel quale era imputato, con l’intenzione tra l’altro di far cadere le accuse che Armanna aveva formulato nei confronti dei vertici dell’Eni (…) e di creare le condizioni per un procedimento disciplinare nei confronti del Pm Fabio De Pasquale”.

Che cosa conteneva la email scritta da Armanna a Siggia, ma poi mandata a Lipera? Ecco il testo:

“In questi due anni è cresciuto gradualmente sempre di più in me il dubbio che, ogni volta che Luca (Santa Maria, ndr) si è fatto portatore delle istanze dei pm, non pensasse alla mia difesa, ma ai suoi interessi. Luca ha provato ripetutamente e in tanti modi a indurmi ad affermare che ero a conoscenza che l’Eni era consapevole che i beneficiari finali di parte della somma pagata fossero politici. Ha provato fino a prima della chiusura delle indagini dicendomi che da questo dipendeva la decisione dei pm di archiviarmi o di avere un trattamento di favore. Sinceramente nonostante l’amarezza che provo nei confronti di Descalzi e dell’Eni per il male fattomi, non sarei mai riuscito ad accusarli falsamente. Ha cercato di usarmi (…) Luca ha cominciato a parlare di patteggiamento e di come questa potesse essere la via per evitare il sequestro del mio conto corrente, ma ho sempre sottolineato come ritenessi assolutamente inaccettabile confessare qualcosa che non avevo fatto, indipendentemente dal fatto che questo mi avrebbe permesso di vendicarmi di Scaroni, Descalzi ed Eni. Nel momento in cui non sono servito più e ho capito che non avrei mai detto una cosa non vera, e soprattutto nel momento in cui mi dovevo difendere mi ha mollato. Luca si oppone a fare istanza per il fascicolo di Siracusa perché lì ha capito che c’è la storia dei rapporti tra lui, Zingales, Litvack, lo studio Cova e Cusimano e del loro progetto di prendere in mano l’Eni. Quando fui convocato a Siracusa il suo unico problema era che io non parlassi di questo”.

Armanna ora è stato assolto in primo grado, insieme a Descalzi, dall’accusa di corruzione internazionale, perché secondo il Tribunale di Milano “il fatto non sussiste”. Il direttore dell’ufficio legale di Eni dell’epoca, Mantovani, però si diede da fare, secondo l’accusa, per realizzare questa operazione di calunnia verso l’avvocato Santa Maria, peraltro finalizzata a creare le condizioni di un futuro procedimento disciplinare verso De Pasquale e comunque utilizzata per chiederne l’astensione dal processo Eni-Nigeria.

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Il Fatto quotidiano, 28 giugno 2021 (versione modificata)
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