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Traffico gonfiato, emissioni Co2 dimenticate. Il dossier che stronca il Tav

Traffico gonfiato, emissioni Co2 dimenticate. Il dossier che stronca il Tav

Una sonora bocciatura. Il Tav Torino-Lione è un progetto che non sta in piedi dal punto di vista economico, perché è basato su previsioni di traffico del tutto irrealistiche; né dal punto di vista ambientale, poiché poggia su valutazioni del tutto fantasiose. A dirlo non è un militante del movimento No-Tav, ma il professor Yves Crozet, specialista in economia dei trasporti dell’Università Lione 2, in una nota redatta su richiesta della Corte dei conti europea (che ha poi inserito anche le osservazioni di Crozet nella “Relazione speciale” del 16 giugno 2020 sulle infrastrutture di trasporto dell’Unione europea).

Il professor Crozet è netto: “La galleria Lione-Torino è un tipico esempio di manipolazione del calcolo economico in cui, oltre alla sopravvalutazione del traffico, vi sono valutazioni fantasiose dei guadagni in termini di emissioni di Co2. Una volta rivisti, i dati del calcolo economico danno al progetto un quadro completamente diverso”. Il tecnico offre anche una spiegazione della “manipolazione”: “I promotori di grandi progetti infrastrutturali devono produrre dati per convincere i responsabili delle decisioni e i finanziatori. Nel caso dei finanziamenti privati, essi tendono in genere a gonfiare le previsioni di traffico da un lato e a sottovalutare i costi di attuazione dall’altro”.

Esempio: il tunnel costruito sotto la Manica per collegare Francia e Gran Bretagna: “L’analisi ex-post condotta su Eurotunnel ha evidenziato che, al fine di aumentare la redditività potenziale dell’operazione, il traffico è stato gonfiato con flussi attesi da tutta Europa, oltre a quelli previsti tra Londra e Parigi. Nel caso di progetti che non hanno un ritorno finanziario, ma che sono giustificati da motivi ambientali, è il ritorno socioeconomico stimato che viene gonfiato dai promotori del progetto. Il finanziatore pubblico deve essere convinto che è nell’interesse della comunità finanziare l’operazione”. Ecco perché, a proposito del Tav, è stata fatta, da una parte, una “sopravvalutazione del traffico” e, dall’altra, “valutazioni fantasiose dei guadagni in termini di emissioni di Co2”.

Il traffico

Gli studi indipendenti, dice Crozet, dimostrano che “il traffico di transito è crollato nei tunnel franco-italiani. Rimangono alcuni flussi Francia-Italia, ma i flussi tra l’Italia da un lato e il Regno Unito, il Benelux o la Germania dall’altro sono stati dirottati verso altre direttrici, attraverso la Svizzera o l’Austria”.

È possibile e auspicabile – si chiede allora Crozet – attrarre questi flussi verso il territorio francese? Per rispondere, analizza le previsioni di traffico dei promotori del progetto. Dicono che, nel 2035, il traffico merci su rotaia supererà i 41 milioni di tonnellate all’anno. Quasi 14 volte il traffico attuale. “Come si possono prendere sul serio tali dati, se si basano su uno scenario di riferimento non realistico?”. La stima dei promotori è il triplo di quanto è realmente successo negli ultimi 30 anni. Il traffico dovrebbe aumentare del 7,6 per cento all’anno. Ma tutto il movimento merci attraverso le Alpi, su strada e su ferrovia, tra il 1984 e il 2014 è aumentato ogni anno soltanto del 2,6 per cento.

“Come potremo fare tre volte meglio”, si chiede Crozet, “del trend degli ultimi 30 anni?”. E ancora: “Quale bacchetta magica potrebbe essere usata per raggiungere” l’obiettivo di un aumento del traffico ferroviario fino ai 28 milioni di tonnellate, quasi 10 volte il traffico attuale, “quando, tra il 2000 e il 2016, il traffico merci ferroviario in Francia è diminuito del 40 per cento?”. Secondo i promotori del Tav, il traffico ferroviario nel 2035 sarà 65 volte superiore a quello del 2004: “Una cifra più che ottimistica”, conclude Crozet.

Le emissioni di Co2

Con il tunnel Torino-Lione – sostengono i promotori – ci sarà un notevole abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, perché le merci non viaggeranno più su strada, ma sulla nuova linea ferroviaria. Ma i promotori – ribatte Crozet – da una parte, come abbiamo visto, sopravvalutano il traffico, dall’altra sottovalutano le emissioni prodotte nella costruzione del tunnel, che saranno di ben 9 milioni di tonnellate. Secondo gli stessi promotori del progetto, il bilancio del Co2 diventa positivo solo nel 2037, quasi 25 anni dopo l’inizio dei lavori.

Ipotizzando 900 mila camion il cui carico sia trasferito su ferrovia, si ottiene un risparmio di 362.700 tonnellate all’anno: 6,9 volte inferiore ai 2,5 milioni di tonnellate/anno indicati dai promotori. Con questo risparmio, “ci vogliono 25 anni per compensare i 9 milioni di tonnellate” di Co2 prodotti dalla costruzione del tunnel in Val di Susa.

“Il risparmio di anidride carbonica diventerà quindi evidente solo verso la metà del ventunesimo secolo. E 20 anni dopo, il risparmio sarà di circa 7 milioni di tonnellate, 10 volte meno di quanto annunciato dai promotori del progetto”. Questo dando per buone le ipotesi più che ottimistiche sul trasferimento del traffico dai camion al treno: “Se il traffico fosse solo la metà di quello annunciato (450 mila camion invece di 900 mila), ci vorrebbero quasi 50 anni di traffico per compensare solo le emissioni legate alla costruzione del tunnel”.

Continua il professor Crozet: “Anche in questo caso, gli studi prevedono che, solo per la magia di un tunnel, tutto il traffico merci su strada diminuirebbe in modo significativo in Francia”. In realtà, i dati dimostrano che “la quota di mercato del trasporto merci su rotaia in Francia è in costante diminuzione”.

Il risparmio di Co2, “anche adottando le ipotesi di traffico molto ottimistiche dei promotori del progetto”, è di gran lunga inferiore a quello da loro indicato. L’ipotesi è che “il solo completamento della Lione-Torino permetterebbe di ridurre del 10 per cento all’anno tutte le emissioni di Co2 del traffico merci su strada in Francia, che il Commissariato generale per lo sviluppo sostenibile (Cgdd) stima in 25 milioni di tonnellate all’anno nel 2030”. Domanda finale: “Come possa una galleria ferroviaria, anche se lunga 54 chilometri, avere un tale impatto su tutto il traffico è un mistero che può essere paragonato a un pio desiderio. Non si dice che l’appoggio ai grandi progetti è un atto di fede?”.

 

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Il Fatto quotidiano, 7 ottobre 2020 (versione ampliata)
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