GIUSTIZIA

Milano, grandi evasori. Quanto pesa la moda

Milano, grandi evasori. Quanto pesa la moda

La corruzione, l’evasione fiscale. Sono due dei campi d’azione della Procura di Milano a cui il procuratore della Repubblica Francesco Greco ha dedicato più attenzione nel presentare il “bilancio sociale” 2018. Ci sono, naturalmente, anche gli altri reati (“Il 99,9 per cento dei ladri di appartamento sono bianchi”, ha detto Greco, “a volte si ha un’idea un po’ strana del colore della pelle in relazione alla criminalità”). Ma ai reati dei colletti bianchi il procuratore ha dedicato parole decise: “A Milano siamo pieni di procedimenti per corruzione internazionale e vediamo gli effetti negativi, sia nei confronti degli Stati vittime, sia nei confronti delle nostre imprese, che invece di investire in innovazione, investono in tangenti” (sono corso a Milano, a carico di Eni, un processo per corruzione in Nigeria e un’inchiesta per corruzione in Congo).

Sui reati di natura tributaria, Greco ha chiamato “Modello Milano” quell’integrazione tra Procura, Guardia di finanza, Agenzia delle entrate e Agenzia delle dogane che ha permesso di recuperare negli ultimi anni 5,6 miliardi di euro da società i grandi dimensioni: sono circa 4,4 miliardi a cui vanno aggiunti altri 1,25 miliardi che Kering-Gucci si è impegnata a versare al termine di un’attività ispettiva.

Dal settore della moda proviene il 35 per cento delle cifre evase e recuperate (da aziende come Prada, Armani, Gucci, Loro Piana); il 26 per cento dal settore siderurgico (Riva, Ilva); il 16 per cento da imprese dell’economia digitale (Google, Facebook, Apple, Amazon, Paypal); il 10 per cento dal settore finanziario (Ubs, Credito Svizzero). Le violazioni più frequenti sono la “stabile organizzazione occulta” (43 per cento del totale, per circa 2,4 miliardi di euro), i reati economico-tributari (27 per cento) e la esterovestizione, cioè la fittizia localizzazione all’estero, per godere di un regime fiscale più vantaggioso, di aziende o persone che operano in Italia (18 per cento). Il “Modello Milano”, secondo Greco, ha permesso di intervenire in maniera efficace sulle mega-evasioni dei grandi gruppi italiani e stranieri. Ma anche di accelerare i processi penali derivanti da verifiche fiscali nei confronti di aziende o soggetti di piccole e medie dimensioni.

La collaborazione con Guardia di finanza e Agenzia delle entrate ha premesso alla Procura di Milano, anche grazie a una rinnovata organizzazione del lavoro, di portare a giudizio migliaia di procedimenti. Greco sottolinea che i risultati nella lotta all’evasione derivano non solo dalla repressione, ma anche dalla diffusione “di una cultura che indirizzi i soggetti verso una maggiore fedeltà fiscale”. Utile, secondo il procuratore, è stata la voluntary disclosure che dal 2015 ha incentivato la collaborazione volontaria di chi deteneva capitali all’estero e ha potuto regolarizzarli, dichiarandoli al fisco. Questo ha permesso di fare emergere quasi 60 miliardi di euro a livello nazionale, di cui il 45 per cento a Milano e in Lombardia, con un gettito fiscale di 3,8 miliardi, di cui 1,8 in Lombardia. Ma l’operazione voluntary disclosure (che non era anonima) ha anche permesso “di raccogliere una mole imponente di dati su attività finanziarie che in precedenza rimanevano occulte”.

Secondo il procuratore, “la Lombardia è storicamente un territorio caratterizzato da alti livelli di evasione fiscale, sia per ragioni di reddito, sia per la natura del tessuto imprenditoriale locale, con tante piccole imprese e professionisti”. Il “Modello Milano” è collaborazione tra Procura, Fiamme gialle, fisco e dogane, ma è anche “un grande sforzo di sensibilizzazione, attraverso il dialogo costante con il mondo dell’impresa e con la serietà e la coerenza con cui sono state gestite alcune fasi dei procedimenti, per esempio i patteggiamenti”, concessi alle aziende che accettavano di collaborare con la Procura e di trattare con il fisco.

Il Fatto quotidiano, 22 ottobre 2019
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