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Milano-Cortina, primi conti per le Olimpiadi

Milano-Cortina, primi conti per le Olimpiadi

Deciso: sarà una fondazione (e non una società per azioni) a guidare la macchina organizzativa per le Olimpiadi invernali 2026 vinte dalla strana coppia Milano-Cortina. Le sorti dell’evento sono in mano a cinque persone: il presidente del Coni Giovanni Malagò, i sindaci di Milano e Cortina Giuseppe Sala e Giampietro Ghedina, i presidenti di Lombardia e Veneto Attilio Fontana e Luca Zaia. Manca – per ora – il sesto stakeholder: il governo italiano, che non è ancora nato, ma che è stato già chiamato in causa da Sala: “Deve varare una legge olimpica e lo deve fare entro novembre, altrimenti non saremo in grado di rispettare le promesse fatte nel dossier di candidatura”.

In attesa del governo, comincia a delinearsi la struttura organizzativa dell’evento: una fondazione di diritto privato formata dai sei stakeholder pubblici che avrà la guida e la gestione dell’Olimpiade; e un’agenzia pubblica che realizzi le infrastrutture. Da questa passeranno i soldi per le opere, le strade, gli impianti da costruire. Dovrà gestire i quasi 400 milioni promessi dalle Regioni Lombardia e Veneto. A questi si aggiungeranno altri 1,3 miliardi di euro, che sono la previsione di spesa contenuta nel dossier di candidatura. Totale, per ora: 1,7 miliardi.

Sappiamo che i costi tendono sempre a crescere, per cui non è difficile prevedere che saranno spesi almeno 2 miliardi di euro. Le previsioni di ricavi da biglietti sono inferiori ai 250 milioni. Si può dunque già prevedere un disastro simile, anzi peggiore, a quello di Expo Milano 2015 (2 miliardi di soldi pubblici spesi, 700 milioni di ricavi). Certo, c’è poi “l’indotto”, ci sono le “ricadute economiche sul territorio”: materia di fede che i teologi della Sda Bocconi avevano ieri quantificato in 31,6 miliardi per Expo (chi li ha visti?) e che oggi i ghostbusters dell’Olimpiade prevedono saranno di 5,6 miliardi per l’evento sulla neve 2026.

C’è, ammettiamolo, una buona notizia: per Expo 2015 furono persi anni in litigi tra Letizia Moratti (allora sindaco di Milano) e Roberto Formigoni (allora presidente della Lombardia) prima di arrivare a decidere la governance dell’evento: per l’Olimpiade 2026 c’è già almeno un’ipotesi di organizzazione a soli due mesi dalla vittoria di Milano-Cortina. Resta l’incognita del governo: quando arriverà, e quanto stanzierà? O si limiterà a dettare qualche regola in campo fiscale e Iva?

E resta l’incognita del settimo stakeholder segreto di tutti i grandi eventi: in passato, le indagini antimafia e anticorruzione hanno documentato gli innumerevoli tentativi d’infiltrazione mafiosa e tangentizia in Expo e i non pochi colpi riusciti e portati a termine; oggi che cosa sappiamo del lavorio sotterraneo degli efficientissimi manager della ’ndrangheta e degli accordi segreti stretti all’incrocio tra politica e affari? L’allegro e operoso partito dei Sì è già all’opera, contro il triste e sfigato partito dei No. Vedremo che cosa succederà nei prossimi mesi.

Qualche domanda però si può già fare. A Milano esistono già due palazzi dello sport, uno nella periferia nord-ovest, a Lampugnano, un altro nella periferia sud-ovest, ad Assago. È proprio necessario costruirne un terzo nella periferia sud-est, nel quartiere Santa Giulia? Non basterebbe rinnovare e ampliare i due palazzi esistenti? Che cosa faremo del terzo palazzo quando le Olimpiadi saranno terminate? E ancora: chi costruirà, e come, i tre villaggi olimpici previsti a Milano, a Cortina e a Livigno? Come saranno impiegati dopo gli inni finali?

 

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Il Fatto quotidiano, 29 agosto 2019
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