POLITICA

Il lato B della crisi di governo: Salvini salva il computer di Siri

Il lato B della crisi di governo: Salvini salva il computer di Siri

La crisi politica ha un lato B. Tutto giudiziario. La fine del governo Conte ha infatti un effetto immediato: rende impossibile al Parlamento dare il via libera ai magistrati che hanno chiesto di esaminare il computer dell’ex sottosegretario leghista Armando Siri.

La vicenda si è aperta nell’aprile scorso, quando si è saputo che Siri era indagato per corruzione, per una tangente da 30 mila euro promessi dall’ex deputato Paolo Arata in cambio di incentivi a favore dell’energia eolica da inserire nella manovra economica: un favore da fare a vantaggio di Vito Nicastri, imprenditore siciliano ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro.
La storia si complica, perché su Siri – indagato dalla Procura di Palermo e poi da quella di Roma – si muove anche la Procura di Milano, che vuole vedere chiaro su un paio di finanziamenti allegri per oltre 1 milione di euro ricevuti da Siri senza garanzie da una banca di San Marino.

Siri viene subito difeso da Matteo Salvini, ma attaccato duramente dai Cinquestelle. Alla fine di aspre polemiche, è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l’8 maggio, a revocargli le deleghe ed escluderlo dal governo. Ma Siri resta senatore, dunque protetto dall’immunità parlamentare che scatta quando una Procura vuole compiere un atto d’indagine come una perquisizione o chiederne addirittura l’arresto. Ebbene, la Procura di Milano il 31 luglio manda la Guardia di finanza a sequestrare un computer che secondo i pm Sergio Spadaro e Gaetano Ruta, coordinati dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, contiene dati utili per le inchieste.

Sequestro impossibile: appartiene a un parlamentare. Per portarlo via, è necessaria l’autorizzazione del Senato. La richiesta della Procura di Milano arriva a Palazzo Madama il 6 agosto. Da quel giorno, il senatore ha trenta giorni per presentare le sue controdeduzioni. Dal 5 settembre, dunque, la Giunta per le immunità del Senato potrebbe cominciare ad affrontare il caso, per decidere se concedere o no l’autorizzazione ad acquisire il computer.

Qualche esponente Cinquestelle lo dice chiaro: “Salvini ha puntato alle elezioni, e dunque allo scioglimento delle Camere, anche per impedire che procedano le indagini su Siri”. Ora una crisi di governo, anche senza scioglimento delle Camere, ha comunque l’effetto di rimandare a chissà quando la decisione di consegnare ai magistrati il computer, che resta nelle mani di Siri. Il senatore intanto ha tutto il tempo per far sparire file imbarazzanti, se ce ne sono: sulle operazioni finanziarie con la Banca Agricola Commerciale di San Marino; ma forse anche sugli affari nel settore eolico realizzati da Arata e Nicastri.

Sa però che qualunque intervento nel computer lascerebbe il segno e potrebbe essere scoperto dai tecnici informatici della Procura. Siri ha sempre dichiarato che i finanziamenti ricevuti sono regolari e che non ha mai incassato tangenti. Ma certo la pressione delle inchieste non fa piacere né a lui né a Salvini, che si era mostrato preoccupato della possibilità di una nuova “offensiva giudiziaria contro la Lega”. Ora di fatto bloccata.

Il Fatto quotidiano, 22 giugno 2019
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