SEGRETI

La spy story dell’ambasciatore fuggito e di sua figlia scomparsa

La spy story dell’ambasciatore fuggito e di sua figlia scomparsa

Guerra di spie, trame di agenti segreti, diplomatici che scompaiono e una ragazza (forse) rapita. È l’ultima spy story che unisce Roma a Pyongyang, la capitale della Corea del Nord e dell’ultimo dittatore da film, Kim Jong-un. Ora è emersa la notizia che è svanita nel nulla una liceale diciassettenne, figlia dell’ambasciatore nordcoreano a Roma. Suo padre, Jo Song-gil, 48 anni, era scomparso dalla capitale a fine novembre. Tenta di spiegare la doppia sparizione uno che se ne intende, Thae Yong-ho, l’ex numero due dell’ambasciata nordcoreana a Londra che nel 2016 fuggì con moglie e figli e ora vive a Seul, in Corea del Sud: “Le mie fonti hanno confermato che la ragazza è stata costretta a tornare a Pyongyang subito dopo la defezione del padre”, dice Thae.

“Il livello di punizione per i familiari dei disertori varia in Nord Corea a seconda del Paese scelto per la fuga: Sud Corea, Usa o altre nazioni”. Ad agire a Roma sarebbe stata una squadretta di agenti speciali mandata in Italia da Kim Jong-un per rapire la ragazza e avere un modo per ricattarlo. Niente affatto, reagisce a Un giorno da pecora l’ex senatore Antonio Razzi, che si dice grande amico del dittatore nordcoreano: “Macché rapimento. La madre e il papà di questa ragazza sono scappati e hanno lasciato la figlia in ambasciata, perché è disabile. Vista la situazione, i responsabili dell’ambasciata l’hanno accompagnata all’aeroporto per rimandarla dai nonni. Lei era felicissima. A me lo hanno detto i servizi segreti”.

Razzi non deve aver convinto i 5stelle, visto che più d’un esponente di governo del Movimento ha chiesto chiarimenti al ministro dell’Interno “alleato” Matteo Salvini e a quello degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Manlio Di Stefano, cinquestelle e sottosegretario alla Farnesina, ha addirittura evocato il caso Shalabayeva, lo scandalo della moglie di un dissidente kazako che fu arrestata a Roma nel 2013 e rispedita in patria.

Moavero in prima battuta assicura: “Stiamo facendo le verifiche necessarie”. La Farnesina fornisce poi una scarna ricostruzione, da cui sembra esser filato tutto liscio come l’olio: il 20 novembre 2018 viene data dai sudcoreani la notizia dell’assunzione delle funzioni di Incaricato d’Affari a Roma da parte del Signor Kim Chon; il 5 dicembre si informa che l’ex Incaricato d’Affari Jo Song Gil e la moglie avevano lasciato l’Ambasciata il 10 novembre e che la figlia, avendo richiesto di rientrare nel suo Paese dai nonni, vi aveva fatto rientro, il 14 novembre 2018.

Apparentemente nessun rilievo alle comunicazioni di Pyongyang. La Nordcorea ovviamente tace. Non una parola sulla fuga di Jo, di fatto il numero uno della sede diplomatica in mancanza dell’ambasciatore, espulso da Roma nel 2017, al culmine della crisi missilistica scatenata da Kim Jong-un. Più loquaci gli 007 di Seul, che hanno diffuso notizie secondo cui, dopo la fuga di Jo Song-gil dall’Italia, al ministero degli Esteri nordcoreano sarebbe partita una purga per punire i funzionari colpevoli di non aver impedito la diserzione. Ma dov’è finito Jo? Aveva cercato di ottenere asilo politico negli Usa, ma aveva decisamente sbagliato i tempi, visto che il presidente Donald Trump ha avviato il dialogo con Kim Jong-un.

Dopo il duro braccio di ferro tra i due in cui sembrava che si fosse alla vigilia di una guerra nucleare, tra il presidente Usa e il dittatore nordcoreano è scoppiato l’amore e i due si sono dati un nuovo appuntamento a Hanoi il 27 e 28 febbraio. Fonti non confermate raccontano che Jo Song-gil sarebbe fuggito in Svizzera o in Francia, ma c’è anche chi ipotizza che potrebbe essere ancora in Italia, sotto la protezione dell’Aise, il servizio segreto italiano per l’estero, in attesa di una sua “collocazione” definitiva. In questo caso, però, perché la figlia diciassettenne sarebbe stata lasciata da sola? Ed è stata costretta al rimpatrio o ha deciso davvero da sola di tornare dai nonni? Come in ogni spy story che si rispetti, queste domande non hanno per ora una risposta certa.

Il Fatto quotidiano, 21 febbraio 2019
To Top