POLITICA

Chi comanda nel Pd. A Milano, nel villaggio di Asterix

Chi comanda nel Pd. A Milano, nel villaggio di Asterix

Il villaggio di Asterix lo ha evocato Pietro Bussolati, il segretario (uscente) del Pd milanese. Il partito, uscito con le ossa rotte dalle elezioni politiche del 4 marzo, ha tenuto a Milano: “La città è in controtendenza”, gioiva Bussolati, “qui il Pd è il primo partito con il 23 per cento nell’area metropolitana e il 27 in città, che sarà laboratorio di riformismo e unico argine al populismo”. Ma c’è un però: “Non dobbiamo però stringerci nel villaggio di Asterix, bensì allargare e dialogare con quelle persone che non siamo ancora riusciti a convincere”.

Anche Giuseppe Sala, il manager di Expo diventato sindaco senza essere mai stato iscritto al Pd, sottolinea ogni volta che può l’eccezionalità di Milano e la propone come esempio politico per tutta Italia. In realtà, i gufi (anche quelli interni al partito) sussurrano che “il villaggio” è ben più ridotto di quanto si dice, perché il Pd ha vinto soltanto nei tre collegi del centro città, con tutto il resto ormai a maggioranza leghista e cinquestelle. E “l’ossessione per le periferie” che Sala dice di coltivare non ha affatto invertito la tendenza.

Se Asterix è asseragliato nel centro ricco di Milano, la regione tutt’attorno è anche peggio, saldamente presidiata dalle legioni della Lega, salvo qualche città che resiste (Brescia, Bergamo, Pavia, Mantova), ma non si sa fino a quando. Ora il partito sta per cambiare guida: lasceranno la cabina di comando sia il segretario metropolitano Bussolati, eletto il 4 marzo in Consiglio regionale, sia il segretario regionale Alessandro Alfieri, volato in Senato.

I successori saranno decisi il 18 novembre, election day in cui si terranno i congressi di circolo e quelli provinciali (in cui voteranno gli iscritti al partito) e il congresso regionale (in cui potranno votare gli iscritti e il popolo delle primarie). Le candidature non sono ancora definite, perché tutti aspettano le alleanze per la partita nazionale nel partito, quella che dovrebbe vedere i fedelissimi di Matteo Renzi scontrarsi per la segreteria con Nicola Zingaretti. La geografia dei gruppi, delle correnti e dei capibastone è complessa, ma alla fine si ridurrà, in Lombardia come nel resto d’Italia, al confronto tra renziani e sinistra.

Milano, però, si ritiene anche in questo unica: “C’è un modello lombardo”, spiega Alfieri, “che ha permesso che il partito fosse gestito finora da una maggioranza che potremmo chiamare renziana, ma dialogante, che ha lasciato spazi a tutte le componenti”. Potrebbe proseguire in questa direzione Vinicio Peluffo, deputato non rieletto il 4 marzo, sostenuto dalle correnti di Maurizio Martina e Dario Franceschini. Ma potrebbe trovare sulla sua strada anche Bussolati, che lasciata la segreteria metropolitana potrebbe puntare a quella regionale, in rappresentanza della linea più decisamente renziana.

Che per la segreteria metropolitana scommette su una terna di giovani: Silvia Roggiani, Paolo Razzano e soprattutto l’emergente Filippo Barberis, cresciuto insieme ai nuovi leoni del partito, Bussolati, Pierfrancesco Maran, Lia Quartapelle. La sinistra punterà invece su Daniele Nahum. Anche il renzismo ha un suo “modello Milano”, nel senso che Bussolati, Maran, Quartapelle, Barberis e gli altri del gruppo hanno usato il renzismo come un taxi e ora, a fine corsa, sono pronti a scendere. Sono piuttosto i nipoti dell’ultimo vero padrone del partito a Milano, Filippo Penati, come il loro attuale punto di riferimento, potente e sconosciuto: Matteo Mauri, deputato, tesoriere del Pd alla Camera, tra i fondatori della corrente guidata da Martina.

Con Renzi hanno avuto anche momenti di scontro, soprattutto per le candidature alle scorse elezioni politiche, quando il segretario ha imposto a Milano un candidato (eletto) come Mattia Mor, ex tronista di Maria De Filippi, imprenditore della società Blomor, miseramente fallita, ma frequentatore della Leopolda e cantore ultrarenziano dello storytelling della Milano vincente.

Il campione della sinistra a Milano è invece Pierfrancesco Majorino: una sinistra tutta diritti civili e sostegno ai migranti. Dopo essere stato determinante per la candidatura di Sala a sindaco, ora guida la fronda del rinnovamento: “Mi auguro che in questi mesi il Pd pensi al proprio confronto interno come a una grande occasione per aprirsi alla società e per ricostruire il senso di un dialogo perduto”.

Intanto la parlamentare Barbara Pollastrini (corrente di Gianni Cuperlo) il 19 e 20 ottobre celebrerà a Milano la anti-Leopolda, in contemporanea con la manifestazione di Renzi. Poi partirà la battaglia congressuale. Con manovre a Milano, ma un occhio attento a quello che succede a Roma.

 

L’emergente / Filippo Barberis

Ha tre passioni: la musica, il teatro e la politica. Filippo Barberis, 35 anni, è il presidente del gruppo Pd in Consiglio comunale e l’emergente del partito a Milano. È cresciuto nel gruppo dei giovani che hanno fatto carriera nel Pd esibendo una faccia pulita e presentandosi come il nuovo che nulla c’entra con le vecchie incrostazioni del Pci milanese uscito malconcio da Mani pulite: Pietro Bussolati è diventato segretario metropolitano, oggi è consigliere in Regione e punta (forse) alla segreteria regionale lombarda del Pd; Pierfrancesco Maran è assessore all’urbanistica e sta gestendo con il sindaco Giuseppe Sala i grandi affari immobiliari della città, primo fra tutti la trasformazione degli scali ferroviari; Lia Quartapelle è deputata, esperta di politica estera, ex membro della Trilaterale.

Renziani, moderati, riformisti, postideologici. Sono loro che hanno avuto la bella idea di far partecipare i militanti alla manifestazione del 25 aprile, nel 2017, con i colori giallo e blu (quelli dell’Unione europea, ma che fanno tanto Ikea) invece che con le tradizionali bandiere rosse. Fieri di rappresentare “il nuovo”. Ma nipotini di quel Filippo Penati, ex padre-padrone del partito in Lombardia, che hanno poi abbandonato al suo destino quando è inciampato dell’inchiesta sul “Sistema Sesto”, è stato mandato a processo, uscendone alla fine con una robusta prescrizione e una parziale assoluzione.

Ora tocca a Barberis. Ha cominciato a far politica a scuola, come rappresentante degli studenti al Liceo musicale del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, dove si è diplomato in pianoforte. Poi nella facoltà di Giurisprudenza e nel Senato accademico dell’università Statale di Milano, dove si è laureato con una tesi in Diritto pubblico internazionale.

Nel 2011 viene eletto per la prima volta in Consiglio comunale. Fa la gavetta, promuove la nascita della Consulta degli studenti, dei dottorandi e dei ricercatori delle università milanesi, scrive il nuovo regolamento delle arti di strada, realizza rassegne di musica classica per dare visibilità ai giovani talenti. Nel 2013 entra nella segreteria metropolitana del partito, accanto a Bussolati. È socio fondatore di una associazione di cultura politica intitolata ad Altiero Spinelli che ha avuto come primo presidente Antonio Padoa- Schioppa. Ora ha un po’ dimenticato il teatro, ma fino a qualche anno fa ha fatto parte della compagnia teatrale “Forme e linguaggi” e della compagnia di improvvisazione teatrale “Teatribù”.

 

Il Fatto quotidiano, 10 ottobre 2018
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