CULTURE

Mittelfest, l’Europa è a Cividale del Friuli

Mittelfest, l’Europa è a Cividale del Friuli

È forse il più internazionale dei festival italiani, il più (mittel)europeo degli eventi culturali. È iniziato ieri 5 luglio 2018, a Cividale del Friuli, il Mittelfest, musica, teatro, danza da venti Paesi d’Europa, che quest’anno presenta trentuno progetti artistici, diciotto prime italiane, quattro prime mondiali. Uno shock culturale troppo forte, per il cauto ambiente istituzionale friulano che fatica a capire le proposte che arrivano da Slovenia, Croazia, Ungheria, Bosnia, Serbia, Austria, Polonia, Macedonia, Lituania, oltre che da Germania, Regno Unito, Spagna, Belgio, Svezia, Palestina e Giordania.

Le scelte delle opere da presentare e degli artisti da invitare sono state realizzate, senza alcuna reverenza per appartenenze, cordate e rapporti privilegiati, dal direttore artistico Haris Pasovic, che viene da Sarajevo. Regista teatrale conosciuto in tutto il mondo, fondatore del Sarajevo Film Festival, durante l’assedio della sua città, tenuta sotto scacco dai cecchini serbi, produsse un leggendario “Aspettando Godot” di Samuel Beckett diretto da Susan Sontag.

Ora ha dato vita a un’edizione del Mittelfest che ha per tema i “Millenials”, i giovani del nuovo millennio, la generazione che viene dopo il Novecento. E, controcorrente, indica come obiettivo l’europeismo: in un’Europa vecchia e stanca, ricca e incattivita, che torna a chiedere confini e a innalzare muri, Pasovic quest’anno si propone di realizzare un Mittelfest che mostri il dna culturale dell’Europa.

Mette in scena un’unione europea, felicemente sbilanciata verso i Balcani, che fa circolare arte e cultura, abbatte i confini e parla le lingue del teatro, della musica, della danza, mischiando italiano e friulano, tedesco e serbocroato e tante altre voci ancora.

Questa ventisettesima edizione del Mittelfest si è aperta ieri con l’“Inno all’amore” (“Hymn to Love”) della regista polacca Marta Gronicka, che fa stridere come unghie sulla lavagna l’amore evangelico per il prossimo a confronto con la chiusura degli egoismi e dei nazionalismi della vecchia Europa. Le migrazioni sono il tema di “Winterreise”, musica, canto e immagini messe in cortocircuito dal regista ungherese Kornél Mundruczó. Chissà come reagirà la politica del Friuli Venezia Giulia, che dopo le ultime elezioni è svoltata a destra facendo trionfare la Lega.

A Cividale (e per qualche spettacolo a Udine) fino al 15 luglio si sentirà la musica di Bach (le Variazioni Goldberg) e di Haendel, di Brahms e di Béla Bartok. Ma anche il rap. Un rap ibrido. Come quello di Doro Gjat (Doro Gatto, tradotto dal friulano), nome d’arte di Luca Dorotea, ragazzo nato a Tolmezzo, capitale della Carnia, che canta in friulano, inglese e italiano un rap inedito, non urbano, che si nutre di montagne ed è fiero di provenire dalla “provincia esterna dell’impero”.

Si sentirà anche la voce di Mudimbi, che “con il suo mix di reggae, hip hop e video lol sui social, è un caso unico in Italia: un rapper senza gioielli che ama gli scherzi, e non fa finta di essere un gangster”. È passato a Sanremo 2018 e si racconta così: “Sono nato e cresciuto a San Benedetto del Tronto. Sono stato per anni l’unico bambino ‘marrone’ che si fosse mai visto lì, con la tintarella permanente. Poi, quando aprivo bocca, mi usciva un dialetto che nemmeno mia nonna…”.

Il 10 luglio ci sarà “Inzirli” (“Vertigine”), uno spettacolo progettato da Pasovic che inizierà alle 4 del mattino, all’arrivo della luce dell’alba, con attori italiani, serbi e ungheresi che mischieranno più lingue in un friulano simbolico e universale.

Il Fatto quotidiano, 6 luglio 2018
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