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Rota: “Concordato preventivo, era la strada già decisa con il sindaco Raggi”

Rota: “Concordato preventivo, era la strada già decisa con il sindaco Raggi”

Dove porta la strada indicata ieri, in due interviste al Fatto quotidiano e al Corriere della sera, da Bruno Rota, il direttore generale dell’Atac? Rota non lo esplicita, ma lo stato di salute dell’azienda dei trasporti romana è tale da suggerire il ricorso al concordato preventivo. La società ha accumulato un debito ormai stabilmente sopra il miliardo e che ora ha raggiunto i 1.350 milioni di euro. E ha 325 milioni di debito commerciale nei confronti dei fornitori, “che hanno da molti anni crediti altissimi e non vengono pagati”, con il risultato che l’Atac “non riesce nemmeno più a comprare il materiale che serve per fare le manutenzioni”. Tutto ciò, secondo Rota, impone a chi guida l’azienda “l’obbligo di ufficializzare questa situazione”.

Come? Chiedendo al Tribunale fallimentare di Roma, appunto, il concordato preventivo. Questa è la via meno distruttiva tra quelle possibili in una situazione a un passo dal crac, perché permette la continuità aziendale che sarebbe invece impossibile imboccando la strada del fallimento. Atac potrebbe continuare la sua attività, garantendo il servizio di trasporto pubblico a Roma. Potrebbe proseguire la corsa anche la guida manageriale dell’azienda, espressa dal Comune, affiancata però da un commissario giudiziale nominato dal Tribunale con il compito di controllare e guidare il risanamento. Partirebbe una ristrutturazione del debito, con la divisione dei creditori in fasce con trattamenti differenziati. Certo, sarebbe comunque una cura dura, una medicina amara, ma il commissario garantirebbe anche gli amministratori in carica, che nella situazione attuale rischiano invece ogni giorno di sconfinare nell’illegalità, soddisfando alcuni creditori e non altri senza criteri uguali per tutti.

Questa, secondo quanto risulta al Fatto quotidiano, era la via indicata nel piano Atac presentato da Rota al Comune di Roma già il 29 giugno, festa patronale dei santi Pietro e Paolo, e anticipata ancor prima al sindaco Virginia Raggi. Un piano discusso e condiviso anche con gli assessori alle partecipate Massimo Colomban e alla mobilità Linda Meleo. Quella del concordato preventivo in continuità era una scelta indicata proprio per evitare il fallimento e garantire il servizio ai cittadini.

Rota, molto preoccupato per i rischi anche legali che possono correre i dirigenti in una situazione critica come quella di Atac, era stato “scongiurato” dal sindaco Raggi di restare al suo posto, in attesa di compiere insieme le scelte necessarie per il bene dell’azienda. Poi qualcosa si dev’essere inceppato, i tempi si sono rallentati, forse con la speranza di rimandare le decisioni dolorose a dopo l’estate. Le due interviste di Rota, con il richiamo alla gravità della malattia di Atac e alla necessità di prendere decisioni in tempi stretti, hanno fatto precipitare la situazione. Scontentando però alcuni esponenti del Movimento 5 stelle. Enrico Stefàno, il presidente della commissione Trasporti di Roma Capitale, ha attaccato Rota su Facebook, accusandolo di fare l’elenco dei problemi invece di provare a risolverli: “Magari in questi primi tre mesi poteva cominciare a dare dei segnali, per esempio rimuovendo i dirigenti responsabili di questo disastro o quelli completamente inutili, come lo abbiamo invitato a fare più volte”.

Rota risponde dando fuoco alle polveri: “So del vivo interesse del consigliere Stefàno alle soluzioni di una società che si occupa di bigliettazione e che mi ha invitato a incontrare più volte. Più che di dirigenti da cacciare, lui, e non solo lui, mi hanno parlato di giovani da promuovere. Velocemente. Nomi noti. Sempre i soliti. Suggerisco a Stefàno, nel suo interesse, di lasciarmi in pace e di rispettare chi ha lavorato. Onestamente”.

Stefàno, accusato di aver provato a piazzare qualche dirigente, è stato bacchettato all’interno del suo movimento, ma ormai i rapporti tra Rota e i Cinquestelle appaiono molto compromessi. Proprio nell’intervista al Fatto, Rota poneva il problema dell’impossibilità di rinnovare il gruppo dirigente dell’azienda e di costruire, come aveva fatto in Atm a Milano, un suo team affiatato. I vincoli legislativi, le regole della pubblica amministrazione e la situazione aziendale, aveva detto, “rendono quasi impossibile rafforzare la squadra”. Nelle prossime ore si capirà chi sarà, di quella squadra, il capitano.

 

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Il Fatto quotidiano, 28 luglio 2017
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