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“Corriere” segreto. Le trattative per liberarsi di De Bortoli

“Corriere” segreto. Le trattative per liberarsi di De Bortoli L'ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli in occasione della presentazione del suo libro "Poteri forti o quasi" al teatro Franco Parenti a Milano, 10 maggio 2017. ANSA / MATTEO BAZZI

Non era mai successo che a un direttore di giornale fosse comunicata la sua data di scadenza. Accade a Ferruccio de Bortoli: una nota, il 31 luglio 2014, comunica a lui e ai lettori che a fine aprile 2015 il consiglio d’amministrazione di Rcs MediaGroup nominerà un nuovo direttore del Corriere della sera. Nei mesi precedenti avvengono movimenti sotterranei, scontri feroci, consultazioni febbrili. Qualcosa ora emerge in superficie, grazie alle intercettazioni a cui era sottoposto (per tutt’altre vicende: l’indagine su Ubi banca) Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, azionista di Rcs, da anni il più influente tra i personaggi che hanno il potere di indicare il direttore del Corriere. Ora, al termine dell’inchiesta in cui Bazoli è indagato per ostacolo alla vigilanza e illecita influenza sull’assemblea sociale, quelle intercettazioni sono state messe a disposizioni degli indagati e delle parti civili.

Confermano che Bazoli ha un buon rapporto con De Bortoli, che sente con frequenza. Il 31 marzo 2014, per esempio, i due parlano al telefono e “Bazoli si informa”, si legge nel brogliaccio della Guardia di finanza, “su quale è l’opinione di Repubblica in merito alla situazione del governo Renzi. Si discute dell’argomento”. Ma il 4 aprile si manifesta lo scontro che porterà alla cambio di direttore: Bazoli chiama De Bortoli, che gli riferisce il contrasto scoppiato con l’amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane. Questi pretende bonus per sé e i manager, mentre intanto taglia risorse per il giornale.

De Bortoli non ci sta. Racconta al telefono: “Dopo la vicenda dei bonus e il fatto che il management, a cominciare dall’amministratore delegato, ha fatto marcia indietro sui bonus… in occasione di quella giornata, tra l’altro io avevo minacciato le dimissioni per consentire l’uscita del giornale con l’intervista ad Obama, loro sono andati avanti a tenere una posizione dura su questo tema, al rischio di avere una crisi internazionale, perché c’è stata un’ora in cui la Casa Bianca ci aveva ritirato l’intervista”. De Bortoli: “Se va avanti questa storia dei bonus, io mi dimetto”. Dopo questo episodio, “loro hanno ritirato e sospeso i bonus, il giorno dopo mi ha chiamato Scott Jovane e mi ha detto: ‘Guarda, noi l’abbiamo fatto semplicemente per fare un favore a te perché questo è un nostro diritto sacrosanto sancito da una delibera del consiglio di amministrazione’”.

Ormai tra il direttore e l’ad è guerra. Lo stesso giorno, chiama Bazoli anche Franco Dalla Sega, presidente della finanziaria Mittel. Bazoli gli dice che John Elkann, presidente della Fiat e grande azionista del Corriere, si è schierato con Scott Jovane e vuole sostituire De Bortoli. Bazoli è contrario, ma ha capito che non può più opporsi. Deve fare una ritirata strategica, puntando a mantenere influenza sulla scelta del sostituto. Ecco il brogliaccio: “Riferisce che non si opporrà a tale decisione, ma ne prenderà atto e influirà sulla scelta del sostituto. Bazoli riferisce di Calabresi quale potenziale sostituto”. È il candidato preferito da Elkann. Due giorni dopo, il 6 aprile, a chiamare Bazoli è Paolo Colombo, il presidente di Saipem. Gli riferisce che “stanno succedendo cose inquietanti su tutti i fronti… tutte legate a un tema, che puoi immaginare qual è e che hanno riflessi anche su situazioni che a te stanno particolarmente a cuore”. Il tema, aggiunge l’estensore del brogliaccio, è “presumibilmente” il Corriere e le “dimissioni di De Bortoli”.

Il giorno seguente, chiama Claudio Calabi, ex amministratore delegato di Rcs e presidente di Pandette, la holding del gruppo Rotelli, altro azionista del Corriere. L’argomento è sempre De Bortoli. Bazoli dice a Calabi di “non fare quel passo… l’incontro mi ha portato di fronte a uno che non accetta più assolutamente nessun compromesso… lui vuole distruggere il Corriere, l’unica speranza è che sia io l’obiettivo, distruggendo me… ma è esasperato, totalmente esasperato”. Poi aggiunge che “la strada indicata da lui è di essere mandato via a testa alta e non in maniera punitiva e che sia scelto un successore che non sia debole”. Prosegue il brogliaccio: “Bazoli riferisce che l’uomo del quale si parla (De Bortoli) ha indicato come condizione tassativa che ‘cambi il piano, il piano sul Corriere deve cambiare radicalmente perché loro vogliono aumentare ancora il prezzo e non ha nessunissimo senso, vogliono abolire le edizioni locali… e tutto questo per avere una redditività… più elevata di quello che è giusto avere, tutto questo solo per i loro bonus”. Bazoli “dice di non accettare queste cose”.

Il 9 aprile Giulia Maria Crespi, storica ex proprietaria del Corriere, chiama Bazoli. “Chiede se è vero che ‘va via Fontana e De Bortoli’. Bazoli riferisce di essere molto preoccupato, ma non sa dare una risposta certa. Bazoli riferisce che è in atto uno scontro sul fatto che il consigliere delegato col suo staff hanno richiesto dei bonus; bonus che sono stati ritirati perché c’è stata una protesta e lo stesso direttore era contrario. Bazoli riferisce che il consigliere delegato è sostenuto dalla Fiat”.

Il 12 aprile telefona Filippo Andreatta, professore a Bologna e figlio di Beniamino, grande amico e mentore di Bazoli. I due “parlano della situazione politica generale. Andreatta dice che l’aveva chiamato perché aveva notizie, in merito al Corriere, dove sembra ci sia una certa pressione per cambiare la direzione. Bazoli conferma. Andreatta dice che queste vengono da Torino”. Cioè dalla Fiat. “Bazoli conferma nuovamente. Andreatta dice di sapere che ci sono anche delle resistenze. Bazoli dice che sta raccogliendo una serie di elementi e sta verificando dei rapporti tra azionisti prima di parlare con Torino, ma non esclude di dover fare un discorso molto duro essendo molto preoccupato. Bazoli dice che questo è frutto di uno scontro tra direttore e consigliere delegato e lui dà ragione al primo, mentre il secondo è difeso da Elkann. Andreatta dice che c’è bisogno di saggezza ed equilibrio. Bazoli dice che probabilmente non accadrà nulla prima dell’assemblea”.

Poi “Andreatta gli ricorda, come riserva della Repubblica, il loro amico Aldo Cazzullo che è torinese e potrebbe essere una soluzione di compromesso. Bazoli dice che prima c’è da difendere De Bortoli e poi, nel caso vada via, come è probabile, ci sarà il problema della successione… Bazoli dice che questo è un po’ il suo cruccio di questi giorni essendo più tranquillo per la banca”. Poi il 31 luglio 2014 viene dato l’annuncio che il direttore cambierà. E 30 aprile 2015 De Bortoli lascerà il posto al suo condirettore, Luciano Fontana.

Il Fatto quotidiano, 8 luglio 2017
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