POLITICA

Il ritorno di Silvio. Design sì, Ruby no

Il ritorno di Silvio. Design sì, Ruby no

Torna in scena, Silvio Berlusconi. Avventure in elicottero. Nelle sue due o tre o quattro identità. Il Berlusconi uomo di mondo atterra al Salone del Mobile di Milano, parla del futuro del design e fa lo splendido con le signore. Il Berlusconi politico esterna su legge elettorale e Movimento Cinquestelle. Il Berlusconi imputato incassa la presidenza del Consiglio come parte civile nel processo Ruby 3.

Tutto inizia con un vistoso arrivo in elicottero nel piazzale della Fiera di Milano. Caffè di benvenuto e giro dei padiglioni. Il presidente imprenditore esclama: “Qui c’è l’Italia che funziona!”. Tanto che il Salone “registra una crescita dei visitatori superiore a quella dell’anno scorso”: è presto per dirlo, essendo il Salone appena aperto, ma Silvio sa. Una sostenitrice lo avvicina e gli dice di avere sempre voluto vederlo da vicino. Lui le sorride: “Vuole che mi spogli?”. Il codazzo dei giornalisti gongola: Silvio è tornato Silvio.

Ma è tornato anche il leader di Forza Italia. I cronisti lo pungolano – mica si può parlare tutto il tempo di mobili, lampade e design – e lui non si tira indietro. Parla di politica. Ci vuole una legge elettorale. Altrimenti “tutto è vano”. Il maggioritario non va bene: “Con un sistema tripolare, porterebbe al governo del Paese una minoranza estrema, perché i tre poli sono al 30 per cento e chi va al governo con il 30 per cento avrebbe in realtà il 15, 16, 17 per cento di voto degli italiani. E governerebbe contro tutti gli altri, l’85 per cento. Un risultato che non può chiamarsi democrazia”.

Poi si passa ai Cinquestelle. Bocciati subito: basta guardare il 740 dei loro parlamentari: “Oltre il 70 per cento di loro non ha mai fatto una dichiarazione dei redditi in vita sua. Non hanno mai fatto nulla di buono per sé o per gli altri”. Se poi si vuole proprio dare un’occhiata anche al programma politico, le cose riescono perfino a peggiorare. Vogliono il reddito di cittadinanza: una cosa che “indurrebbe tutti a non lavorare. E che inoltre non si può proprio fare perché costa 90 miliardi di euro”. Una parola per lo scontro con Vivendi, il colosso francese che si vuole comprare Mediaset: “Sono l’ultimo a sapere che cosa farà”. Poi via, aperitivo allo stand di Publitalia, incontro con i giornalisti, pranzo con gli imprenditori.

Da palazzo di giustizia arrivano notizie sul processo Ruby 3: nella prima udienza, tenutasi proprio ieri, la presidenza del Consiglio ha dato mandato all’avvocatura dello Stato di costituirsi parte civile contro l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Nulla di strano: nel Ruby 3 è imputato di corruzione in atti giudiziari, cioè di aver pagato testimoni (con circa 10 milioni di euro, secondo la Procura, più case, auto, contratti televisivi) affinché non dicessero la verità durante i due precedenti processi del bunga-bunga. Dunque tra le parti offese c’è anche il ministero della Giustizia. La presidenza del Consiglio dei ministri deve dunque intervenire a chiedere un eventuale risarcimento in caso di condanna dell’imputato.

Il processo è stato rinviato al 3 luglio. Non c’è solo il governo tra chi chiederà i risarcimenti: ci sono anche tre ragazze fuggite dal bunga-bunga: le torinesi Ambra Battilana e Chiara Danese e la milanese Imane Fadil, ospiti delle cene eleganti di Arcore e poi testimoni-chiave contro Berlusconi. Saranno tutti ammessi tra le parti civili? Lo deciderà la decima sezione penale del Tribunale di Milano, perché i giudici della quarta sezione che hanno iniziato ieri il processo a Berlusconi hanno chiesto di riunirlo con quello, già iniziato, contro Karima El Mahroug detta Ruby e di altre 22 persone, tutte ragazze o ospiti delle serate di Arcore (come il giornalista Carlo Rossella e la senatrice Mariarosaria Rossi) o persone che avevano a che fare con Ruby (il suo fidanzato Luca Risso e l’avvocato Luca Giuliante, per l’accusa il gestore dei soldi offerti da Berlusconi). La linea della difesa (Franco Coppi e Federico Cecconi): “Macché corruzione giudiziaria: i soldi offerti sono solo atti di generosità”.

Il Fatto quotidiano, 6 aprile 2017
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