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Atm, il metodo Sala: tirare il sasso e nascondere la mano

Atm, il metodo Sala: tirare il sasso e nascondere la mano

“Il vostro parlare sia sì, sì, no, no. Tutto il resto viene dal diavolo”. Un diavolo aggiustafaccende, un diavoletto all’italiana, niente di troppo cattivo, di quelli che alla fine sistemano in qualche modo le cose, che non vanno mai dritti, che dicono una cosa e ne fanno un’altra, che prendono tempo, che dicono mezze verità (che poi sono mezze bugie, cioè bugie), che lasciano che le cose accadano, che aspettano che il lavoro sporco lo faccia qualcun altro. Giuseppe Sala è così, nella vicenda Atm. Era così anche in Expo, quando mentiva sui dati degli ingressi, quando dava incarichi senza gara, quando aggiustava gli appalti concedendo lavori aggiuntivi, quando dimenticava di dichiarare case e conti in Svizzera e in Liguria e società in Italia e in Romania.

È il metodo Sala. Ma ora, per riferire che cosa è successo su Atm, occorre scomodare un ossimoro: la sua opacità brilla. Poteva dire (come scrivono Alesina & Giavazzi): voglio vendere Atm alle Ferrovie dello Stato perché considero l’integrazione nei trasporti una scelta giusta. Si può essere d’accordo o no, ma almeno è una presa di posizione chiara. Invece no. Sala per settimane fa melina, aspetta, ingarbuglia, temporeggia, balbetta, si contraddice, mente. Fa in modo che Fs arrivino sulla piazza milanese in silenzio, senza che se ne accorga nessuno. Il cavallo di Troia è M5: Astaldi vende la sua quota e si accorda con Fs. Ma il presidente di Atm, Bruno Rota, difende la sua azienda e propone un’alternativa, costruita insieme al fondo F2i: Atm esercita il diritto di prelazione e F2i compra la quota, lasciando la gestione ad Atm. Sala poteva dire subito no. Invece dà il via libera a Rota e dice esplicitamente sì a Renato Ravanelli di F2i, che senza l’assenso del Comune azionista non si sarebbe di certo imbarcato nell’impresa.

Poi inizia la melina. Silenzio. Attesa. Finché, in zona Cesarini, arriva lo stop, reso esplicito dall’assessore Roberto Tasca (nessuna delega sulle municipalizzate). Tasca sta già trattando da mesi con le Fs, in segreto, sull’integrazione Atm-Trenord, ma a rivelarlo è il presidente di Ferrovie Nord, Andrea Gibelli: Sala aveva mentito, dichiarando che non c’era alcuna trattativa in corso. Le opacità si moltiplicano. Per cacciare subito Rota, colpevole di aver difeso la sua azienda e di aver reso pubblico un gioco che doveva invece restare sommerso, Sala rinnova in fretta e furia il consiglio d’amministrazione di Atm, sostenendo che glielo impone la legge Madia. Ma lui stesso ha firmato documenti in cui dice che Atm, avendo un collocamento di obbligazioni in corso, non è sottoposta alla legge Madia.

Sullo sfondo, c’è la grande operazione immobiliare degli scali ferroviari, un milione di metri quadrati di aree preziosissime che dovranno trovare un nuovo utilizzo, con Fs lasciata libera di giocare il ruolo del palazzinaro privato che impone le sue scelte al Comune. Come s’intrecciano le tre partite in corso con Fs, quella su Atm, quella dell’integrazione con Trenord e quella sugli scali? Non lo sappiamo. I giochi sono fatti nelle segrete stanze, secondo il collaudato metodo Sala: il sindaco non dice qual è il suo vero progetto, lascia che le cose accadano, in modo da sottrarsi alle responsabilità di averle scelte. La direzione inesorabile verso cui Tasca le ha indirizzate è quella dell’indebolimento di Atm e dell’arrivo a Milano di Fs, che come gestore di trasporto locale sta già dando pessimi risultati in Lombardia – come sanno bene i poveri pendolari di Trenord. Ma almeno ce lo dica, parli chiaro. Milano ha bisogno di trasparenza, non della accecante opacità del metodo Sala.

 

 

 

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Il Fatto quotidiano, 31 marzo 2017
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