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Tina Anselmi, che indagò la P2 e vide l’altra faccia della luna

Tina Anselmi, che indagò la P2 e vide l’altra faccia della luna

Lo dice netto: “Non si può fare di Tina Anselmi un santino. Staffetta partigiana, dirigente politico, prima donna ministro: ma l’esperienza che l’ha cambiata radicalmente è stata l’incontro con la P2”. Anna Vinci è stata vicina a Tina Anselmi per molti anni. Giornalista, sua amica, considera Tina la sua maestra di vita. Con lei ha firmato il libro Storia di una passione politica (Sperling & Kupfer) che torna in questi giorni in libreria con una prefazione di Dacia Maraini. Nel 2011 aveva pubblicato La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi (Chiarelettere). E ora sta lavorando al progetto di un film documentario sulla figura della presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, che vorrebbe intitolare Tina, l’altra faccia della luna. “Aveva fatto tante cose, nella sua vita”, racconta Vinci, “la guerra partigiana, la sindacalista, la politica, aveva promosso leggi innovative come quella sulle pari opportunità e una riforma memorabile come quella che introduce il servizio sanitario nazionale. Ma è la P2 che le cambia la vita. Scopre un progetto eversivo che era grave per l’Italia, ma che per lei diventa anche uno shock personale”.

Per capirlo, bisogna capire il rapporto che legava Tina Anselmi ad Aldo Moro. “Moro era non solo il suo leader di partito”, spiega Anna Vinci, “ma anche il suo padre politico. Durante i mesi in cui fu tenuto prigioniero dalla Brigate rosse, è Tina che fa da collegamento tra la famiglia Moro e il partito della Democrazia cristiana. È lei a comunicare alla moglie di Moro, Eleonora, che era stato trovato il corpo di suo marito, ucciso. Dopo quel giorno, non siamo più stati gli stessi. Ma Tina più d’ogni altro. Diventata presidente della commissione sulla P2, scopre la loggia segreta di Licio Gelli, ma capisce anche il progetto politico per cui Moro era stato ucciso. Mi diceva: ‘Anna, studia e ricostruirai il puzzle’. Quando eleggono a grande maggioranza Francesco Cossiga, nel 1985, presidente della Repubblica (dopo Pertini!) ha la consapevolezza che la pietra tombale sulla ricerca della verità aveva trovato il suo primo mattone: ancora una volta – abitudine perversa della nostra classe dirigente – i conti con il presente diventano l’occasione per una narrazione falsificata del passato. A un certo punto, Gelli scrive una lettera a Cossiga in cui chiede di essere riabilitato e Cossiga non respinge nettamente la richiesta al mittente.

“Allora Tina capisce. Ricostruisce il puzzle. Negli anni della commissione aveva compreso che cos’era davvero la P2. È questo l’inizio della malattia della sua anima. Attorno a lei, in molti la irridevano: ‘Ma cosa vuole questa Tina? Che fissazione questa Anselmi su Gelli e la massoneria!’. Inizia la sua solitudine. Finita l’esperienza in commissione P2, viene esclusa dal governo, emarginata nel suo stesso partito. Resta da sola. È un eroe borghese, come Giorgio Ambrosoli, fatto uccidere da un iscritto della P2, il banchiere Michele Sindona, e di cui Giulio Andreotti disse che ‘se l’era andata cercando’. Lei diceva: ‘Non mi hanno ammazzata, solo perché non pensavano che come donna sarei andata fino in fondo’”. Ci hanno comunque provato, o almeno le hanno mandato un segnale terribile, con un attentato alla sua famiglia.

Ora Anna Vinci vorrebbe raccontare tutto ciò, metterlo in scena per la Rai. Ha presentato il primo progetto due anni fa, adesso dopo la morte di Tina potrebbe finalmente andare in porto. “Lei stessa non vorrebbe essere trasformata in un’icona, ora che non c’è più, lei che da viva non è stata neppure fatta senatrice a vita. Era una donna che credeva che il potere andasse usato, diceva: ‘Eravamo ambiziosi e litigiosi, però in politica non avevamo nemici, solo avversari’. Tina nella P2 ha visto l’altra faccia della luna e ha avuto il coraggio di guardarla. Questo vorrei raccontare, per mantenere viva la sua memoria in un Paese in cui è stata, e resta ancora, molto amata”.

Il Fatto quotidiano, 3 gennaio 2017
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