POLITICA

Sala & Raggi, due pesi e due misure

Sala & Raggi, due pesi e due misure

Dichiarare il falso ai cittadini è più grave a Roma o a Milano? Lo hanno fatto, secondo i magistrati, entrambi i sindaci delle due città, che infatti sono indagati dalle rispettive Procure e hanno il loro nome iscritto nel registro degli indagati. Virginia Raggi per aver dichiarato in ritardo le consulenze ricevute quand’era avvocato dalle Asl del Lazio. Giuseppe Sala per aver “dimenticato” proprietà e imprese quand’era commissario di Expo. Sulla vicenda romana i giornali hanno scritto pagine e pagine per giorni, di quella milanese si è occupato quasi soltanto il Fatto quotidiano.

Ora sappiamo che entrambe le Procure hanno chiesto l’archiviazione. Sarà il gip (il giudice delle indagini preliminari) a decidere se accettarla o respingerla. Raggi e Sala sono dunque ancora oggi nella stessa, identica situazione: entrambi iscritti nel registro degli indagati, entrambi con la Procura che ha chiesto l’archiviazione, entrambi in attesa di un gip che potrebbe anche rifiutarla.

Com’è andata, davvero, a Milano? La storia inizia il 19 febbraio 2015, quando Sala, come amministratore delegato di Expo spa, deve firmare una dichiarazione giurata sui suoi redditi, imprese, proprietà. Lo impone la legge sulla trasparenza, perché chi maneggia denaro pubblico deve far conoscere la sua situazione economica ai cittadini (e non soltanto al fisco!). Sala firma un documento in cui si legge: “Consapevole delle responsabilità e delle sanzioni penali per le false attestazioni e dichiarazioni mendaci, sul mio onore dichiaro…”.

Ma non scrive la verità, perché non denuncia la sua casa in Svizzera, vicino a St.Moritz, né due società, una in Italia (il 20% di Kenergy spa) e una in Romania (il 18% di Tunari Real Estate srl). In più, dichiara di possedere “un terreno” a Zoagli, in Liguria, che invece è una villa. Il Fatto segnala queste “dimenticanze” e la Procura di Milano, sollecitata anche da un esposto di un politico di centrodestra, iscrive Sala nel registro degli indagati. L’iscrizione è del 26 aprile 2016, in piena campagna elettorale, ma emerge solo il 24 giugno, quando Sala è già sindaco.

L’8 settembre 2016 il Corriere della sera scrive che già a luglio il pm ha chiesto l’archiviazione. Per Raggi la Procura di Roma l’ha chiesta perché da avvocato ha ritenuto di dover dichiarare gli incarichi non quando li ha ricevuti, ma quando ne ha incassato i pagamenti. La Procura di Milano ha ritenuto invece che Sala non abbia dichiarato il falso (in questo caso sarebbe imputabile del reato di falso ideologico in atto pubblico, che prevede pene fino a 2 anni di carcere); ma abbia soltanto omesso delle informazioni (in questo caso, sarà il prefetto a fargli pagare una sanzione amministrativa di qualche migliaia di euro). È omissione aver “dimenticato” la casa in Svizzera e le due società.

Ma su Zoagli Sala ha proprio detto il falso, scrivendo “terreno” invece di “villa”: dovrebbe scattare il falso ideologico. La Procura di Milano ha però ritenuto che si sia trattato soltanto di “mera incompletezza di informazioni”, perché Sala “si sarebbe limitato a dichiarare la titolarità del terreno a Zoagli sul quale gli immobili sono stati edificati”. Archiviato, dunque, come titolano siti e giornali? No: c’è una richiesta di archiviazione che dovrà essere valutata dal gip Laura Marchiondelli, che potrebbe anche decidere che la dichiarazione di Sala non è una “mera incompletezza” ma un falso.

Questo dal punto di vista giudiziario, sul piano delle norme e dei codici e dei commi. Poi c’è un piano politico dei comportamenti, a cui giustamente i giornali s’appellano quando a dimenticare qualcosa sono i Cinquestelle. Comunque sia, anche se non fosse qualificabile come reato, Sala ha mentito ai cittadini, è un imbroglione che ci ha nascosto due società, una casa in Engadina e una villa a Zoagli. Qualcuno lo scriverà?

Il Fatto quotidiano, 9 settembre 2016
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