EXPO

Turismo, nel 2015 l’Italia perde una posizione. Ma non c’era l’effetto Expo?

Turismo, nel 2015 l’Italia perde una posizione. Ma non c’era l’effetto Expo?

Sulla prima pagina del Corriere della sera, martedì 5 aprile, Gian Antonio Stella ci ha offerto un’analisi impietosa dello stato del turismo in Italia. Siamo il Paese con immense bellezze naturali e artistiche, abbiamo 51 siti Unesco, più di qualunque altra nazione al mondo, eppure continuiamo a perdere terreno nelle classifiche internazionali. Nel 1970 eravamo primi per numero di visitatori. Nel 2013 eravamo quinti. Se consideriamo i soldi veri, cioè il contributo del turismo sul pil, nel 2015 siamo diventati ottavi, con 76,3 miliardi, dietro a Stati Uniti (488 miliardi), Cina (224), Germania (130), Giappone (106), Regno Unito (103), Francia (89) e Messico (80). Se consideriamo il comparto allargato all’indotto, superiamo il Messico ma siamo superati dalla Spagna.

Cifre impietose. Il declino italiano appare continuo e inesorabile. L’anno scorso abbiamo perso un’altra posizione: eravamo settimi nel 2014, siamo ottavi nel 2015. Avete letto bene: 2015, l’anno di Expo. Ecco dunque infranti tutti i trionfalismi sull’esposizione universale, tutti i proclami expottimisti del governo, tutte le celebrazioni dell’evento a scopo elettorale a Milano. Expo non ha portato alcun beneficio sensibile al turismo italiano. Ancora nel 2013 l’Italia era davanti, per numero d’arrivi, a Turchia e Germania. Nel 2015 ci hanno battuti. Sì, ci ha sorpassato anche la Turchia che aveva candidato Smirne per l’esposizione universale ma era stata battuta da Milano: ora i turchi hanno avuto la loro rivincita.

I dati non sono quelli dell’Internazionale Gufi, ma del Wttc, World Travel & Tourism Council, il forum internazionale dell’industria dei viaggi e del turismo con sede a Londra. Le cifre che ha diffuso dovrebbero far saltare sulla sedia il presidente del Consiglio e il ministro del turismo e dei beni culturali, che forse dovrebbero studiare i report del Wttc e riflettere su come riordinare il settore, guadagnare punti di pil incentivando gli investimenti e varando un grande programma di politica industriale per il turismo e la cultura in Italia. Ma qui ci occupiamo, più modestamente, di storytelling: cioè della differenza tra racconto e realtà.

A sentire i nostri politici, da Matteo Renzi al ministro Maurizio Martina, dal candidato Giuseppe Sala giù giù fino all’assessore milanese Franco D’Alfonso, Expo è stato un successo epocale, una vittoria storica, un trionfo internazionale. Il “metodo Expo Milano 2015”, che meriterà di essere studiato nei corsi di giornalismo internazionale, è basato sull’evocazione (non certificata) di dati molto positivi, sulla proclamazione di traguardi raggiunti, sulla celebrazione di risultati mirabolanti. Con uno schieramento compatto di media che supportano questa narrazione, che meriterà a sua volta di essere studiata come case history nei corsi di public relations e public affairs.

Quando però dai proclami si scende alla realtà, il giocattolo si rompe. I dati veri, gli studi seri smentiscono l’ottimismo obbligatorio e ci mostrano una realtà ben diversa. C’è stato incremento di visitatori stranieri in Italia nel 2015? Sì, ma quelli registrati in Lombardia durante Expo sono stati solo 600 mila in più rispetto all’anno precedente (dati Doxa per Bankitalia). Possono arrivare a 1 milione, a essere molto ottimisti, considerando chi ha usato Airbnb o è stato ospite di amici. Un incremento comunque inferiore a quello degli altri Paesi, che crescono molto di più: infatti l’Italia nel 2015 ha perso un posto in classifica, da settima diventa ottava, ci conferma ora il Wttc. E allora: perché, invece di illudere e illudersi con racconti consolatori e propagandistici, non si affronta la realtà cercando di fermare il declino?

Il Fatto quotidiano, 8 aprile 2016
To Top